Racconto del giro sulla salaria vecchia, da passo corese a S. Benedetto del Tronto

Tappa 1: passo corese - monteleone

Prendiamo di corsa l'ultimo treno, arriviamo a passo corese per le 9.30. partiamo, troviamo la strada, che ha dei pezzi davvero tosti. Si dimostrera' la tappa piu' dura del viaggio.

Durante la tappa realizzo che la mattina nella corsa ho dimenticato di prendere la camera d'aria! «Beh, a Rieti la compreremo. Nel frattempo cerchiamo di non bucare». Le ultime parole famose

Alle 14.30, su una strada desolata tra monteleone sabino e oliveto, buco! Non c'e' stato nessun sasso o buca particolare, deve essere consumata la camera d'aria. Ci fermiamo: il copertone si e' lacerato, riparare la camera d'aria e' quasi inutile, ma proviamoci lo stesso. In fondo mancano soli 20km a rieti, potremmo farcela. Prendiamo il tiptop... mastice finito! siamo nella merda vera.

Passiamo in rassegna tutti i metodi: uno di noi si sgancia, va a rieti, compra quel che serve, torna. Difficile farlo oggi, forse domani. Peccato che non e' chiaro se domenica a rieti ci sia qualcosa di aperto. Altra possibilita': offrire una cena in sabina a qualche amico cosi' generoso da prenderci il necessario e raggiungerci li'. Non ci casca nessuno. Andiamo con le suppliche ai passanti. Raccattiamo un tipo fenomenale che si sbattera' a portarmi in giro per tutta la sabina finche' non troviamo un ciclista (Cyclisme - Poggio nativo) che mi sostituisce tutto.

Tappa 2: monteleone - gole del velino (antrodoco)

si riparte! oggi la strada e' piu' semplice, prevalgono discese/pianure, la strada per rieti e' facile, arriviamo e ci facciamo un giretto rapido per dare uno sguardo alla citta'. Troviamo una festa che non si capisce che festa sia, ma pare si mangi il fritto. Non saremo noi a tirarci indietro.

Inizia a piovere, ripartiamo, evitiamo la pioggia mettendo e togliendo il k-way 100 volte. È appurato che indossare la camicia fa scomparire le nuvole, indossare molti k-way fa fermare la pioggia.

La strada non ha particolari altezze o dislivelli. Deviamo per visitare cittaducale, bellissima. Dopo ci aspettano le terme, che scopriamo essere una vera fregatura: le terme naturali sono chiuse (davvero! non si scavalca) e gelide (dicono gli aborigeni). Poi ci sono quelle a pagamento... le pisciamo e ci dirigiamo verso il lago di Paterno, un po' piu' avanti. Il lago e' piccolo ma pulito, l'acqua tiepida abbastanza per farsi un bagno.

La strada purtroppo oggi richiede di passare spesso sulla salaria "principale". Da cittaducale avremmo potuto evitarla, ma ci siamo confusi ad un incrocio: saremmo dovuti andare a cittaducale ma invece di salire girare subito a destra per la stazione. Cosi' avremmo attraversato il fiume. Non l'abbiamo fatto, e ci cicchiamo la salaria. Comunque non e' poi troppo trafficata, complice l'essere domenica pomeriggio in uscita da roma. Antrodoco ci meraviglia e arrabbia col suo orrendo monte che riporta ancora la scritta DVX, i suoi monumenti fascisti in piazza... e' un po' tardi, ma ripartiamo. Vogliamo spezzare la fatica del giorno seguente, quando dovremo arrivare al valico, e avvantaggiarci. Inoltre non abbiamo ancora trovato un posto dove dormire. Contiamo di trovarlo nelle gole del velino, meravigliose e poco distanti. Teniamo quindi la salaria "principale", e dormiamo nei paraggi di un agriturismo. La notte il vento nelle gole e' fortissimo, la tenda trema forte, temiamo possa spezzarsi, ma regge. Bella storia.

Tappa 3: gole del velino - accumoli

ripartiamo. dopo poco, immediatamente prima di una galleria, c'e' un sentierino che la aggira, segnato dal CAI. lo prendiamo.

A Posta un tipo bislacco non si capisce se ci detesta in quanto cicloturisti, o se odi gli altri, quelli più attrezzati, mentre noi - evidentemente più sgarrupati - gli stiamo simpatici; a condizione, naturalmente, che siamo italiani.

Dalla salaria bisogna girare per Posta; lì bisogna seguire per bacugno e seguire la strada che porta al valico di Torrita (sembra essere questa la cosa più semplice da chiedere).

Dopo qualche salita incontriamo un bar con spiaggia sul fiume molto carino. Le tipe sono state gentilissime con noi, facendoci ricaricare il tablet che iniziava a rompersi, e riempiendoci di caffeina oltre il ragionevole. Il bar ha sul retro una spiaggia in cui si scende con le scalette, e sembra un posto bello dove fermarsi. Siamo stati un po' a cincischiare lì attendendo il caricamento del tablet, non ci siamo fatti il bagno al fiume, rimandando al lago di Scandarello

La strada per il valico è molto tranquilla, e il valico non è esattamente un posto emozionante. C'è pure un bar proprio al valico (bar Torrita) con personaggi quantomeno ambigui che ci rispondono a mezze parole.

Da lì seguiamo la strada. Cerchiamo di andare al lago di Scandarello (San Giorgio), ma capiamo che il lago è stato prosciugato dopo il terremoto per evitare che la diga cedesse sotto il suo peso. Alla diga infatti stanno facendo lavori. Andiamo quindi più avanti, seguendo il corso del torrente scandarello che poi confluisce con il tronto. La strada è bella, peccato che si vedono solamente lavori di grandi infrastrutture, militari, camion che portano molti materiali. Su questa amena strada incontriamo la signora che contiene tutta la presa a bene di cui quel posto è stato privato: vestita coloratissima, cammina in questa strada in cui c'è solo lei e noi. La fermiamo, parliamo, ci dà le indicazioni ma sostanzialmente ci elenca tutti i posti che incontreremo e tutti i dettagli. Le piace camminare, ci racconta del terremoto, di lei che ormai vive fuori l'Aquila, dei danni, di Terre Mutate, dei lavori che (non) sono stati fatti. Proseguiamo fino ad un ponticello su cui ci mettiamo a pranzare. Su quel ponticello passa tipo 15 volte la stessa jeep dei militari, che non capiamo se ci vogliono tenere d'occhio o cosa. Ad un certo punto passa un operaio che ci chiede cosa stiamo facendo lì, poi cosa stiamo facendo in generale. Gli stiamo simpatici, ci offre dell'acqua, ci porta alla casetta distante pochi metri in cui vive. Sta lavorando nella rimozione delle macerie, che per ora è l'unica cosa che sta avvenendo. C'ha una tristezza esagerata, e un'invadenza poco meno.

Tappa 4: accumoli - ascoli piceno

La mattina è freddissimo, ce ne andiamo al bar, non siamo gli unici a lamentarci del freddo: 5 gradi di minima, davvero pochi per essere il 9 settembre, anche per quelle zone.

Ripartiamo. I semafori del senso unico alternato (dovuti ai lavori post-terremoto) non sono affatto problematici, fasi lunghe e tratti brevi, poi per noi e' tutta discesa, andiamo avanti.

L'alto Tronto e' meraviglioso, ci facciamo un bagno al fiume, poi ci fermiamo ad acquasanta dove ci sono le terme de "lu vurghe". Facili da raggiungere, davvero ben allestite dal locale gruppo speleo. Belle ma non molto calde: consigliate per giornate calde, la nostra era un po' nuvolosa. Incomprensibilmente (ma - purtroppo - come al solito) i locali sembrano conoscerle a malapena. Alcuni ci dicono di averne sentito parlare ma di non esserci mai andati; altri ci dicono che quando erano piccoli (cioè almeno 50 anni fa) ci andavano, poi mai più. Le hanno rimosse così tanto che se gli chiedi "ci sono terme naturali?" sanno solo indicare hotel e ristoranti. Mentre lu vurghe sta "a valle" di acquasanta, pare ci siano anche altre terme a monte, vicino all'hotel. Per andare a luvurghe basta seguire la salaria con i cartelli per la ciclovia, fino a raggiungere un bar sulla sinistra di cui non ricordo il nome. Da questo bar scende una stradina, scende tanto tanto e molto ripida, e dopo poco è sterrata. All'inizio non sembra ovvio dove si debba andare, in realtà è tutta dritta (superando piazza don cantalamessa) e dopo poco i segni sono abbastanza chiari. Le terme sono in effetti delle sorgenti sulfuree che danno immediatamente sul fiume, quindi sono state fatte delle vasche per separare i due flussi d'acqua. La cosa carina quindi è che dopo il bagno termale ti puoi sciacquare nel fiume. Alle terme troviamo un fascio con i suoi 75 figli. Sembra che da ste parti non si trovi altro.

Tappa 5: ascoli piceno - san benedetto del tronto

La ciclovia qui e' una mezza barzelletta: tratti ciclabili che vanno nel nulla, alternative per nulla chiare... passeremo a volte sulla salaria, a volte sulla "bonifica", a volte boh. Dalla bonifica (martinsicuro) a risalire verso san benedetto del tronto le strade sono un delirio, cavalcavia enormi della SS16 adriatica in cui non si capisce dove devi andare. Il trucco e' guardare i divieti, per escludere dove non possiamo affatto andare!